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sabato, Ottobre 12, 2024
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The Future is The Present: la riflessione di Andrea Di Maso

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La rivoluzione digitale è un fenomeno trasversale e intergenerazionale che non ha escluso nessuno, dall’economia al lavoro, dall’istruzione alla cultura, dalla politica al tempo libero. Grandi aziende, piccoli artigiani, scuole, biblioteche, comuni. La connessione in rete ha mutato il tessuto sociale ed economico in tutti i settori della nostra vita. Ha cambiato le nostre abitudini, il nostro stile di vita.

L’avvento del digitale può essere paragonato a una rivoluzione culturale e sociale epocale senza precedenti; un vero e proprio “mutamento di paradigma” (Khun, 1969) più destabilizzante dell’invenzione della stampa. Questo perché la sua natura fortemente innovativa caratterizzata dalla tecnologia ha avuto effetti radicali nelle nostre abitudini comportando un cambiamento negli stili di vita incidendo nei rapporti tra le persone, tra i cittadini e lo Stato, tra i consumatori e le aziende, tra i dipendenti e i datori di lavoro.

Andrea Di Maso, CEO di Atlanis

Acquistare un prodotto online, pagare una bolletta online, controllare l’estratto conto bancario, prenotare la lezione di yoga in palestra, iscriversi a un corso professionale, guardare un film, telefonare a un amico che vive oltreoceano, sono tutte azioni che possono essere svolte con comodamente da casa direttamente dal proprio telefono mobile. Non si tratta, dunque, di un evento tecnologico, ma di un avvenimento globale che sta trasformando la società (in tutte le sue forme).

L’avvento di sempre nuovi devices (dispositivi) interattivi come il digitale terrestre, i tablet, gli smartphone hanno consentito il moltiplicarsi dei canali d’accesso all’informazione. Siamo sopraffatti dalle informazioni. Una ricerca condotta dall’Università della California già nel 2008 aveva stimato che l’individuo medio consuma 34 gigabyte al giorno di contenuti, l’equivalente di circa 100 mila parole, vale a dire un romanzo lungo. La scienza considera che la mente umana può elaborare un massimo di 120 bit di informazione al secondo. Considerate che una normale conversazione da sola consuma circa un terzo di
questa potenza di elaborazione.

Nel 1964, Bertram Gross, scienziato sociale americano, conia il concetto di “information overload” (“sovraccarico cognitivo” fornendo la seguente definizione: “Abbiamo un sovraccarico d’informazioni quando la quantità di dati inseriti in un sistema è superiore alla sua capacità di elaborazione”. Bombardati da informazioni, il nostro cervello fa fatica a comprendere e valutare (e selezionare ciò che ci serve) tutti gli elementi che ci vengono forniti. Così, mentre la quantità di stimoli cresce, la nostra capacità di stare attenti diminuisce. Da uno studio svolto da Microsoft nel 2016 è emerso che, rispetto all’anno 2000, la finestra temporale d’attenzione per chi sta in rete si è ridotta di un terzo: Se in precedenza si trattava di 12 secondi, oggi smettiamo di stare attenti dopo solo 8 secondi.
Quindi, non solo più “mezzo”, ma “contenuto”.

L’effetto più radicale dell’era digitale è stata la trasformazione del modo di comunicare tra individui (avvicinandoli da un punto di vista spazio-temporale) e tra consumatori e aziende. Nel 2014, i dirigenti del New York Times hanno dichiarato la “caduta del muro” che per anni aveva tenuto separati il giornalismo e la pubblicità. In passato, riuscire a comunicare con le aziende era complesso. Oggi non è più così. Da una ricerca è emerso che il 65% degli utenti che interagiscono con i brand su Twitter si aspettano una risposta entro un’ora.

Nascono nuovi comportamenti e nuove pratiche di consumo da parte dei consumatori (acquirenti). La rete consente non solo l’acquisto di prodotti e servizi, ma soprattutto la condivisione grazie ai social network. In questo modo l’esperienza diventa il valore aggiunto per scegliere cosa e da chi acquistare.

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