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giovedì, Ottobre 3, 2024
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In Italia livelli demografici estremi

Al CNEL presentato il Rapporto scientifico sulla popolazione curato dall’Associazione Italiana per gli Studi di Popolazione

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L’Italia si caratterizza per livelli demografici estremi, da record, eccezionali: la struttura invecchiata per età, la bassa fecondità, la lunga transizione dei giovani allo stato adulto, i forti legami familiari, la lunga durata della vita, la veloce crescita della popolazione straniera.

E’ quanto emerso oggi a Roma, al CNEL nel corso della presentazione del Rapporto Scientifico sulla Popolazione, curato dall’Associazione Italiana per gli Studi di Popolazione, a cui sono intervenuti Tiziano Treu, presidente CNEL, Cecilia Tomassini, consigliera CNEL e vicepresidente AISP; Keynote di Dubravka Šuica, vicepresidente Commissione Europea – Commissario per la democrazia e la demografia; Gianna Fracassi, vicepresidente CNEL; Francesco Billari, presidente AISP.

Le nascite sono la componente che è più direttamente, e stabilmente, connessa con l’eccezionalismo demografico italiano. Il minimo storico raggiunto nel 2020 con 404.000 nati si è sovrapposto al baby bustindotto indotto dal Covid-19 ha solo accelerato ulteriormente una crisi già in atto. L’andamento delle nascite durante gli ultimi 20 anni è caratterizzato da tre periodi: una ripresa che, a partire dal minimo da record mondiale di lowest-low fertility del 1995 (1,19 figli per donna), caratterizza l’Italia fino al periodo della Grande Recessione, con un picco di 1,46 figli per donna nel 2010. Inizia poi il ‘tempo dell’incertezza’, durante il quale si sperimenta un declino quasi speculare alla precedente ripresa, con un nuovo minimo nel 2019 (1,27 in totale, e 1,18 per le donne italiane).

Non è un caso che la dimensione della famiglia sia associata inequivocabilmente al rischio di povertà, in modo particolare nel nostro Paese. Cambiano i comportamenti familiari, ma il welfare italiano rimane eccezionale, in senso negativo, nell’incapacità di sostenere le famiglie numerose”, ha detto la consigliera Tomassini.

Di contro l’Italia ha mostrato nel tempo un evidente progresso della speranza di vita alla nascita, che raggiunge nell’era pre-Covid-19 livelli non lontani dal record mondiale, superando gli 83 anni nel 2018. Anche in questo quadro essenzialmente roseo, si documentano importanti differenze sociali nella mortalità. Il 2020 è stato indelebilmente segnato dal Covid-19, con un incremento nel numero di decessi superiore ai 100.000, rispetto alla media dei cinque anni precedenti.

La crescita della popolazione italiana, fino al picco storico del 2015, è stata sostenuta negli ultimi anni in modo particolare dall’incremento dell’immigrazione, con un cambio stabile nel segno del «saldo migratorio» (differenza tra immigrati ed emigrati nel corso di un anno), che diviene da negativo a positivo nel corso degli anni ’90 del secolo scorso. L’andamento dei movimenti migratori nell’ultimo ventennio contribuisce a quadruplicare la popolazione straniera residente, che raggiunge una quota dell’8,8% al 1° gennaio 2020.

Nelle dinamiche socio-economiche c’è una componente che possiamo definire caratteristica dell’eccezionalismo italiano per quanto concerne il welfare: l’assenza di politiche rivolte alle nuove generazioni. La debolezza del welfare verso i giovani italiani li ha resi, oltre che più vulnerabili, anche più scoraggiati rispetto ai loro coetanei europei nella ricerca di un lavoro nel proprio Paese. Anche qui, l’Europa viene prima, con l’idea di Next Generation EU, che mostra come l’investimento per le nuove generazioni debba rappresentare la via da seguire per l’uscita dalla crisi generata dalla pandemia. Insieme al livello di istruzione, all’età e alla generazione di appartenenza, un altro fattore importante che genera diseguaglianze all’interno della popolazione italiana è il luogo dove si nasce e si cresce. Il territorio italiano è eccezionalmente eterogeneo: oltre allo storico divario Nord-Sud, da qualche decennio si fa riferimento anche al divario centro-periferie, con comuni che attraggono, comuni che rimangono stagnanti e comuni che perdono in termini demografici.

In conclusione, le riforme a partire dal 2021 dovranno tenere conto dell’eccezionalismo demografico dell’Italia, aiutando il Paese ad affrontare i nodi irrisolti e in qualche modo ad avvicinarsi a una demografia ‘normale’.

Fonte: CNEL

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