La morte del giovane Willy, avvenuta con modalità così cruente e brutali, ha profondamente scosso e turbato l’opinione pubblica.
Un fatto del genere, d’altronde, non può lasciare indifferenti e non toccare la sensibilità di ciascuno di noi. Dopo l’ultimo saluto al ragazzo il 12 settembre (dove alla grande dignità della famiglia ha fatto da contraltare la squallida passerella di Conte, Zingaretti e altri) e in attesa che la giustizia faccia il suo corso (speriamo in tempi brevi), mi domando se adesso il pericolo più grosso che si rischia di correre non sia proprio quello che una volta spenti i riflettori sul povero Willy tutto torni come prima.
Dobbiamo allora pensare a come evitare o quanto meno arginare la possibilità che simili delitti possano verificarsi di nuovo. Facile a dirsi, più difficile a farsi perché le cause del disagio giovanile che si celano dietro a un crimine come quello avvenuto a Colleferro sono molteplici e di varia natura (sociale, scolastico, familiare, economico, lavorativo, ecc). E se è vero che certe questioni non si risolvono dall’oggi al domani, è altrettanto certo che qualcosa di concreto e di fattibile si può fare subito. Mi riferisco alla sicurezza e al fatto che le nostre città, piccole o grandi che siano, devono essere maggiormente controllate e rese sicure.
In che modo?
Incrementando i sistemi di videosorveglianza quale importante deterrente a eventuali azioni delinquenziali su tutto il territorio, a favore della comunità intera e non solo nelle zone maggiormente interessate da fenomeni di degrado sociale. Nella Regione Lazio è in vigore una legge (la n.15 del 2001), voluta dalla Giunta Storace, che tra le sue finalità ha anche quella di ‘promuovere interventi volti a favorire un sistema integrato di sicurezza.’ Ed è in applicazione di questa legge che la Giunta Zingaretti ha emanato ad agosto un avviso pubblico per la concessione di contributi per la realizzazione di sistemi di videosorveglianza. Fin qui tutto bene, ma il problema è l’esiguità delle risorse stanziate.
Nell’avviso si legge che l’importo complessivo del bando è di 2 milioni di euro di cui 500mila riservati a progetti presentati da Roma Capitale e dai rispettivi Municipi, mentre 1 milione e mezzo di euro viene destinato ai comuni del Lazio che potranno ricevere contributi per un importo massimo di 20mila euro se inferiori a10mila abitanti e di 40mila euro se superiori. Capite bene che si tratta di risorse assolutamente insufficienti (direi quasi ridicole nel caso della Capitale) per dotare i comuni del Lazio di un sistema di videosorveglianza diffuso e capillare, e che soprattutto lasciano intendere come a Zingaretti questo tema interessi veramente poco o nulla. Si può obiettare che in molti centri della regione i sistemi già ci sono, ma spesso e volentieri si tratta di impianti vetusti o non funzionanti.
Un impianto all’avanguardia ha di per sé un costo elevato (una telecamera intelligente costa almeno 500 euro) , a cui si devono aggiungere le spese per l’installazione e la manutenzione. Insomma servono molte più risorse per rendere le nostre città più sicure e vivibili, e avvicinarle a quel modello di ‘Safe City’ che prevede quale priorità assoluta la sicurezza dei cittadini, degli edifici e delle infrastrutture (sempre nel rispetto della privacy), al fine di prevenire e impedire situazioni di pericolo per la incolumità pubblica, attraverso l’utilizzo di dispositivi tecnologici altamente innovativi. Per questo come gruppo di Fratelli d’Italia ci batteremo perché nel prossimo bilancio regionale, auspicando una convergenza unanime di tutte le forze politiche, ci sia uno stanziamento importante in favore dei sistemi di videosorveglianza e anche per il miglioramento degli impianti di illuminazione pubblica. Con le briciole di Zingaretti si possono fare tanti spot, ma i problemi non si risolvono.
L’auspicio è che all’ingresso dei comuni del Lazio accanto alla scritta ‘Benvenuti a..’ presto si possa leggere accanto anche ‘Città videosorvegliata’. Deve essere ben chiaro a tutte le istituzioni che la sicurezza deve essere la prima voce di bilancio, anche prima dell’istruzione.