martedì, Marzo 19, 2024
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Intervista ad Andrea Di Maso

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Andrea Di Maso, 46 anni di sacrifici, progetti imprenditoriali e passione per lo sport.

Andrea Di Maso, imprenditore italiano nato a Roma, racconta i suoi 46 anni pieni di divertimento, di amore e di famiglia. Andrea Di Maso ha cercato di essere indipendente sin da giovane: inizia a lavorare come disc jockey e organizzatore di eventi musicali ma dopo i 25 anni punta sempre più in alto. Apre un’azienda, la Segnalet, entra così nel mondo della comunicazione visiva e in pochi anni diventa partner ufficiale del Coni per i più grandi eventi sportivi internazionali organizzati in Italia. Il resto è storia…

Andrea Di Maso, nella sua attività imprenditoriale e sociale ha sempre dato importanza allo sport considerandolo come uno strumento di intervento sociale per i valori che incarna come la socializzazione, l’integrazione, l’educazione, il benessere…

Lo sport è una perfetta metafora di vita. È veicolo di buone pratiche, ha elevati standard formativi, trasmette la cultura delle regole, il rispetto dell’ambiente e dell’avversario. Riassume in sè una tradizione, una cultura e uno “stile di vita” che possono essere veicolate all’interno delle aziende. Lo sport offre una rappresentazione simbolica molto suggestiva poiché si basa su alti ideali come lo spirito di squadra, l’affiatamento, la collaborazione, la lealtà, l’equità, l’entusiasmo, il rispetto per gli avversari e l’osservanza delle regole. Ideali che possono essere recuperati e diffusi nel nostro lavoro quotidiano. L’appeal potenziale che ci offre lo sport è comunque vastissimo. Esso è anche promotore di progresso e innovazione poiché interagisce con una serie di settori sociali quali ambiente, turismo, salute, benessere divenendo così un importante strumento di marketing e comunicazione promozionale. Sono sempre più numerose le aziende che investono sull’immagine e sull’identità trasmesse dallo sport per allargare le loro dimensioni pubblicitarie e creare nuove possibilità di investimento.

Tra le sue passioni c’è la pallacanestro che pratica fin da quando era ragazzo. In quali aspetti l’esperienza dello sport l’ha arricchita?

Lo sport che mi ha sempre affascinato di più è quello di squadra. Mi ha insegnato quanto sia fondamentale lavorare in team e guidare un team. I risultati che si possono raggiungere insieme sono infiniti.

L’altra sua passione sportiva è il rugby. L’eliminazione dell’Italia dalla Coppa del Mondo sta mettendo in discussione lo stato di salute del rugby azzurro. Lei cosa ne pensa?

Penso che lo stato di salute del rugby in Italia sia attualmente delicato e complesso. La governance di questi anni non ha prodotto alcun risultato degno di nota, il torneo di maggiore visibilità per il nostro paese , il 6 nazioni, non ci vede vittoriosi da troppi anni, addirittura lo stadio olimpico di Roma che fino a qualche anno fa registrava il tutto esaurito, stenta a riempirsi.

I giovanissimi si avvicinano a questo sport sempre meno e non sforniamo più talenti come negli anni passati. Qualcosa non sta funzionando. Lo scorso anno si parlava addirittura di default della federazione con un commissariamento sfiorato per un pelo. Tutto questo non basta per chiedere le dimissioni del Presidente? Quanti soldi spesi per la Franchise Italiana di rugby a 15 che potrebbero generare profitti se investiti in aree strategiche? Ci sono esempi da prendere come modello anche in Italia. Penso alle Fiamme Oro Rugby della Polizia di Stato che ho avuto l’onore di seguire in qualità di Advisor e Marketing Manager. Con i soli proventi messi a budget dal ministero ed una grande organizzazione, il Presidente Armando Forgione è riuscito a riportare in Europa dopo tantissimi anni i cremisi.

Anche il bilancio degli ultimi 10 anni parla chiaro. Il rugby italiano ha disputato 114 partite vincendone 27 e perdendone 87… Beh sono numeri che parlano da soli. Cosa aggiungere? Secondo lei il rugby azzurro ha un futuro?

Avrà un futuro con un consiglio federale rinnovato e guidato da una Presidenza innovativa e visionaria. Io avrei in mente un nome. Si tratta di un giovane brillante, un ex atleta, forse il più forte della storia. Un uomo che ha vinto in campo e fuori dal campo. Oggi un professionista affermato. Ma non posso dirvi di più

Parliamo della riforma dell’ordinamento sportivo, voluta dal governo giallo-verde, che si avvia a entrare a pieno regime dal prossimo anno. Un disegno di legge che ha sollevato polemiche soprattutto in reazione a quello che è uno dei principali obiettivi, ovvero separare il CONI dal CONI Servizi. Qual è la sua opinione al riguardo?

Non me lo aspettavo, diciamo che è stata un’operazione che ha colto tutti di sorpresa. E poi subito dopo, l’ideatore della riforma Giorgetti ha dovuto lasciare il testimone all’attuale Ministro dello Sport Spadafora che dovrà proseguire le iniziative appena iniziate. Sono dispiaciuto per aver letto gli scontri tra Malagò e Sabelli . un vero peccato perché lo sport dovrebbe unire e non dividere. Sono speranzoso e auspico ad un avvicinamento dei due Presidenti per il bene dello Sport Italiano.

Tra le voci che hanno espresso preoccupazione anche quella del Comitato Olimpico Internazionale. Secondo il COI, infatti, con la riforma verrebbe meno l’autonomia del CONI, elemento fondamentale della Carta Olimpica. Secondo lei, questa riforma vincolerebbe il CONI alle decisioni politiche minacciandone l’autonomia e la governance interna?

Il core business del comitato olimpico è legato agli aspetti tecnici anche se il sistema di governance era anche a capo degli aspetti più operativi e gestionali nonché dei servizi di facility management degli impianti e della guida organizzativa degli eventi. Forse un lavoro di equipe e una maggiore sintonia porterebbero risultati più importanti.

Secondo Giovanni Malagò, Presidente del CONI, la riforma presenta troppi i punti in contrasto con le regole dello sport… Non entro nel merito. Se lo dice avrà le sue valide ragioni.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Giancarlo Giorgetti, ha minimizzato le preoccupazioni espresse dal Comitato Olimpico Internazionale precisando che la questione si risolverà con i prossimi decreti legislativi e attuativi.

Anche in questo caso lascio alla politica le scelte del caso.

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