venerdì, Aprile 19, 2024
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Agrivoltaico: come favorire la transizione energetica nel settore produttivo

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Fonti rinnovabiliuso sostenibile del suolotutela della biodiversità: c’è tutto questo dentro l’agrivoltaico, un approccio innovativo che permette di far convivere e interagire in modo virtuoso generazione di energia solare e pratiche agricole, così da creare valore anche per il territorio e le comunità locali.

I benefici sono tanti anche in termini di conservazione della Natura e salvaguardia dei servizi ecosistemici, come dimostrano i progetti che abbiamo lanciato per richiamare e proteggere gli insetti impollinatori e, in particolare, le api.

Più precisamente l’unione tra la coltivazione agricola e la presenza di pannelli fotovoltaici dovrebbe dare ulteriore slancio a una diffusione su larga scala delle energie rinnovabili, obiettivo ribadito ulteriormente dalla Commissione europea.

Distretti Ecologici, leader nel settore della bioedilizia e di soluzioni abitative ad alta efficienza energetica, è al vaglio per lo studio di soluzioni anche in questo settore.

Il Pnrr e l’agrivoltaico

Sembra un’era geologica fa, ma appena l’anno scorso il governo Draghi aveva presentato all’Europa il proprio Piano nazionale di ripresa e resilienza, per favorire la ripresa post-Covid. Nella cosiddetta missione verde, ben 1,1 miliardi di euro sono destinati allo “sviluppo dell’agrivoltaico”, mentre altri 1,5 miliardi vengono dirottati sul parco agrisolare (l’installazione dei pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici). L’obiettivo dell’investimento sull’agrivoltaico, così come recita il Pnrr consegnato dal governo Draghi all’Europa la scorsa primavera, è di “installare a regime una capacità produttiva da impianti agrovoltaici di 1,04 GW, che produrrebbe circa 1.300 GWh annui, con riduzione delle emissioni di gas serra stimabile in circa 0,8 milioni di tonnellate di CO2”. Inoltre “la misura prevede:

  • l’implementazione di sistemi ibridi di agricoltura e produzione di energia senza compromissione dei terreni dedicati all’agricoltura, anche valorizzando i bacini idrici con soluzioni galleggianti;
  •  il monitoraggio delle realizzazioni e della loro efficacia, con la raccolta dei dati sia sugli impianti fotovoltaici sia su produzione e attività agricola sottostante”.

L’obiettivo è di favorire la diffusione di impianti agrovoltaici di medie e grandi dimensioni – per i piccoli agricoltori basta il fotovoltaico piantato sui tetti dei capannoni. In questo modo si mira a  “rendere più competitivo il settore agricolo, riducendo i costi di approvvigionamento energetico (ad oggi, stimati pari a oltre il 20 per cento dei costi variabili delle aziende e con punte più elevate per alcuni settori erbivori e granivori), migliorando le prestazioni climatiche ambientali”. Entro fine marzo il Ministero della Transizione Ecologica dovrà emanare un decreto per indicare le modalità con cui favorire la messa a terra dei pannelli fotovoltaici sui campi agricoli.

L’agrivoltaico, energia solare che tutela l’agricoltura

Questo consumo di suolo nel nome della sostenibilità ambientale potrebbe apparire un sacrificio inaccettabile. Anche perché, come fa notare Legambiente in suo rapporto, finora lo sviluppo degli impianti a terra in area agricola è avvenuto a seguito della fortissima spinta degli incentivi del conto energia. Oggi, le leggi vigenti vietano l’incentivazione di nuovi impianti in area agricola, ma paradossalmente quelli senza incentivi possono essere realizzati. “Il rischio è che prenda piede un modello di business con un approccio industriale alla risorsa suolo” è la conclusione del rapporto di Legambiente.

Così, negli ultimi anni, si è affermato sempre di più il modello alternativo dell’agrivoltaico: i pannelli fotovoltaici sono installati direttamente sul campo agricolo, consentendo di coltivare sul terreno sottostante. Come ci tiene a sottolineare Legambiente, non si tratta della stessa cosa dei pannelli fotovoltaici a terra: “Pur riconoscendo come l’utilizzo di pannelli in copertura di edifici o infrastrutture sia sicuramente l’opzione primaria”, spiega Damiano Di Simine, autore del rapporto Agrivoltaico: le sfide per un’Italia agricola e solare e responsabile scientifico di Legambiente, “i numeri dimostrano che tali coperture potrebbero non essere sufficienti a soddisfare l’intero fabbisogno”.

Secondo l’associazione ambientalista, l’agrivoltaico può far diventare l’Italia un paese agricolo e solare al tempo stesso: si tratterebbe di un approccio sistematico, centrato su basi agronomiche, in grado di aumentare il rendimento delle colture. Già, perché se è vero che la verdura ha bisogno di sole per crescere, non tutte le colture hanno bisogno di molta luce. Anzi, alcune di queste possono aver più bisogno di ombra, come l’insalata. Ombreggiare le colture significa meno acqua che evapora in un campo aperto e soleggiato.

I pannelli dell’agrivoltaico (o agrovoltaico) permetterebbero ad alcune colture di soffrire meno l’esposizione di un sole sempre più caldo per via dell’intensificarsi delle temperature. L’università dell’Illinois Urbana-Champaign sta studiando la disposizione dei pannelli ideale a seconda del raccolto: ad esempio, quali colture hanno bisogno di spazi più grandi o più piccoli tra i pannelli per far passare più o meno luce solare. Anche l’altezza da terra è oggetto di studio: mais e grano avrebbero bisogno di pannelli più alti, mentre per la soia andrebbero bene quelli più bassi.

Più in generale, i pannelli installati su un campo agricolo potrebbero aumentare la produttività delle colture dal 35 al 73 per cento, a seconda del tipo di coltura e dell’impianto installato. Un beneficio sia per l’azienda agricola che per il territorio, che verrebbe utilizzato meglio, senza sprechi e diminuendo l’utilizzo di fitofarmaci.

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