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Fuga da Confindustria in tempo di COVID

LA PRIMA GRANDE AZIENDA AD USCIRE È STATA LA FIAT. POI L’HANNO SEGUITA ASSICURAZIONI, COSTRUTTORI E PERSINO LA EX FINMECCANICA E LA NAUTICA QUASI AL COMPLETO. LE GRANDI IMPRESE VANNO VIA PERCHÉ CHIEDONO PIÙ AUTONOMIA DALLA POLITICA, MA LE PMI – CHE LA FINANZIANO AL 90% – AVREBBERO ANCORA BISOGNO DI UN PARTNER PIÙ MODERNO E CON MAGGIORE UMILTÀ NEL SISTEMA DECISIONALE. GLI ASSOCIATI LAMENTANO TROPPO DISTACCO TRA LA BASE E GLI ORGANI DI RAPPRESENTANZA.

Dal 2016 al 2020, la fuga da Confindustria. Non si ferma l’esodo delle aziende dalla “loro” associazione di categoria. La prima ad andarsene sbattendo la porta è stata Fiat qualche anno fa, seguita da UnipolSai e Salini Impregilo, Amplifon e Cartiere Pigna, Morellato e Finmecca- nica. Negli anni hanno salutato in blocco tutti i più importanti cantieri navali: Azimut Benetti, Baglietto, Gruppo Ferretti, Vismara Marine e Viareggio Superyacht, solo per citare alcune tra i 15 grandi nomi. Sono i segnali chiari di un forte disagio che ancora oggi si percepisce e pare che altri imprenditori, proprio in questi giorni, da Roma a Milano, stiano pensando di salire sul treno dei fuoriusciti. Per andare dove? Ma soprattutto: perché tutti vogliono andarsene e perché proprio in questi anni di crisi e in tempo di covid?

L’accusa degli imprenditori è sostanzialmente questa: Confindustria avrebbe esaurito il suo mandato perché a fronte di una quota associativa che si è fatta di anno in anno sempre più pesante, non offrirebbe più i servizi di cui l’impresa italiana ha bisogno: supporto all’esportazione, ai nuovi mercati e alla contrattazione per esempio. Molti, dunque, non si sentono più rappresentati e il paragone più citato è quello con le stanze di un ministero o di un ente politico e burocratizzato, guidato solo in nome dei privilegi di chi lo presiede. Insomma, se devo pagare una quota per non ricevere nulla, dicono gli imprenditori usciti, che ci sto a fare? Ma non è così semplice. E soprattutto: non è una questione nuova, anzi.

” COSTI ALTI, MENO NETWORKING, LEGAMI POLITICI
E PERDITA DI INFLUENZA:
SONO I MOTIVI PRINCIPALI CHE SPINGONO A CERCARE
VIE AUTONOME DI RAPPRESENTANZA ”

«La grande fuga ha tre motivi fondamentali. Il primo è da ricercare nella crisi delle aziende e nella volontà di tagliare tutti i costi superflui. Ebbene», dice il Presidente di Fragola Company group Andrea Di Maso «la novità è che Confindustria viene considerata un costo extra e enza alcun ritorno. Il secondo motivo è invece legato alle confraternite di potere. Viale dell’Astronomia e le territoriali di maggiore peso sono una potente lobby, un’élite formata dai soli presidenti e membri delle varie giunte . Chi è dentro ottiene visibilità, attenzione, vantaggi, mentre chi resta fuori dalle giunte è escluso anche da questo circolo virtuoso, pur pagandone i costi. E allora in molti preferisco- no uscire e risparmiare. L’ultimo motivo, infine, lega questo fenomeno a quello più generale e che coinvolge le cooperative e le varie associazioni di artigiani e commercianti: il ruolo dell’intermediario ha perso di valore e viene considerato più di intralcio che non di agevolazione».

Soluzioni? La più semplice di tutte. «Confindustria deve cambiare», suggerisce Di Maso, «oppure la diaspora non finirà, con un effetto domino e a catena. Le imprese saranno sempre più sole quindi? Forse, ma questo non è necessariamente un problema: anche oggi gli imprenditori che fanno bene, spesso fanno bene da soli e senza aiuti. Pensiamo a stare di più in azienda e meno nei salotti, per fatturare di più e tutelare i nostri collaboratori».